La vicinanza di un familiare aiuta la terapia. Al Santo Stefano di Prato un progetto pilota per l’umanizzazione delle cure: I pazienti dell’area Covid possono ricevere la visita di un familiare
Quando il primo gennaio l’ospedale di Prato ha aperto alle prime visite il reparto Covid, la commozione degli operai sanitari non era minore di quella di chi soffre come malato, o come caro di chi è ammalato!
Siamo davvero felici di questo progetto pilota che da concretezza alla campagna MAI PIU’ MORIRE IN SOLITUDINE, e ringraziamo di cuore gli straordinari operatori sanitari dell’ospedale di Prato e dell’istituzione della Regione Toscana!
Come potete leggere qui, una recente delibera della Regione Toscana ha previsto la possibilità per pazienti ricoverati in ospedale, nelle case di cura e nelle Residenze sanitarie assistenziali di ricevere visite da parte dei loro familiari, nel rispetto delle norme anti Covid.
Il provvedimento regionale, formulato sulla base delle proposte del tavolo tecnico coordinato dal Presidente della Commissione Regionale di Bioetica e promosso dall’ Associazione “Tutto è vita onlus”, tiene conto che la vicinanza è parte del processo di cura in un approccio alla malattia che deve essere globale. La vicinanza delle persone sofferenti ai propri affetti, si legge nel documento, “costituisce un presupposto importante del processo di cura la cui interruzione, sebbene motivata da indiscutibili ragioni di sicurezza, comporta rischi per la salute e per il benessere delle persone ricoverate.”

“La delibera della Regione Toscana e le “buone pratiche” che l’Ospedale Santo Stefano di Prato stanno realizzando sono qualcosa di profetico che speriamo possa “contagiare” positivamente l’intero Paese –ci tiene a sottolineare Guidalberto Bormolini, presidente di TuttoèVita. Riconoscere la “vicinanza”, la rilevanza dei bisogni esistenziali e spirituali come parte del processo di cura è un passo importante nella direzione di una cura integrale che prenda in carico l’essere umano in tutte le sue dimensioni. Grazie all’Ospedale e alla Regione che hanno avuto il coraggio di riconoscere che il necessario impegno per non diffondere il contagio da Covid-19 non si contrappone ma si integra che tutti gli altri aspetti della cura che sono così necessari per lenire le ferite inflitte all’intero paese da questa terribile pandemia. È l’umanità che è ferita, è quindi solo una cura umanizzata può dare sollievo.”
E’ IMPORTANTE CHE I CITTADINI CONOSCANO LA DELIBERA, ma è altrettanto importante che sappiano che le visite sono concesse solo in condizioni di particolare fragilità del paziente e quindi, giustamente, limitate a casi gravi. In altri casi è richiesta la pazienza di poter accogliere tra le proprie braccia la persona amata alla fine del percorso di cura per il quale si presuppone un esito positivo.